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GRAVITY Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 14 ottobre 2013
 
di Alfonso Cuaron, con Sandra Bullock, George Clooney, Ed Harris (Stati Uniti, 2013)
 
Quando vuole, quando ne è capace, il cinema è ancora fonte di straordinaria meraviglia. A dispetto della sua simpatica e un po' sbrigativa filosofia, di qualche formula hollywoodiana alle quali un blockbuster non rinuncia per scansare gli incerti del cinema d'autore (l'aiutati che zio Sam ti aiuta, caro da sempre alla cultura delle Nuove Frontiere), le immagini strepitose che hanno fatto dire al James Cameron di TITANIC e di AVATAR “ ecco il più bel film mai realizzato sullo spazio” vivono non soltanto di una loro bellezza memorabile. Ma ci rassicurano sul fatto che, malgrado le iettature epocali, al linguaggio cinematografico riesca ancora una propria specificità: certi aspetti della vertiginosa poesia di GRAVITY non potrebbero essere carpiti che con una cinepresa. O da un computer che ne faccia le veci.

La faccenda non è poi tanto arzigogolata. E nemmeno si priva dal svelare il proprio potere di fascinazione già a partire dal quarto d'ora iniziale del suo stupefacente piano – sequenza. Tre astronauti che armeggiano nello spazio attorno al telescopio Hubble che vengono colpiti da una pioggia di meteoriti: e che da quel momento vagheranno nello spazio a gravità zero, alla ricerca di un mezzo per ritornare sulla Terra. E' la bellezza indicibile di quest'ultima a costituire l'unico punto di riferimento per lo spettatore in un orizzonte perennemente instabile: con la presenza materna di quelle radici lontanissime ma sempre attraenti a confortare nel vuoto e nel silenzio abissale i due astronauti racchiusi nelle loro tute pressurizzate.

Il realismo incredibile delle tecniche infografiche del regista messicano e dei suoi collaboratori compie cosi un primo miracolo, quello di rendercelo meravigliosamente credibile. Prima che il fluttuare incessante dei personaggi assorbiti progressivamente nell'immensità dell'universo, la geometria costantemente riconsiderata della loro dinamica disarticolata, la libertà prodigiosa di una cinepresa che talora li costringe dall'esterno del cosmo, tal'altra sembra abbandonarli per poi entrare letteralmente all'interno dei loro caschi stravolga progressivamente la logica realistica delle situazioni. La determinazione tutta femminile della neofita dottoressa Sandra Bullock, la scanzonata, rassicurante presenza tipica di George Clooney mutano allora in una dimensione ulteriore, che non è soltanto quella fisica di un balletto coreografico. Ma di un viaggio mistico, di un rapporto astratto e nel contempo sempre più spirituale con l'infinito che li confonde, l'attrazione per l'ignoto e la repulsione nei confronti del vuoto. Mentre curiosamente riaffiorano le regole del western, con le peripezie, gli ostacoli, le scadenze che conosciamo a memoria.      

Certo, alcune soluzioni che seguono (il rapporto con l'elaborazione del lutto della protagonista, l'ottimismo che sconfina nel buonismo) saranno anche in sospetto di americanismo. Ma ad Alfonso Cuaron riescono intuizioni espressive che non sarebbero dispiaciute al Kubrick di 2001: ODISSEA NELLO SPAZIO, o alla Sigourney Weaver di ALIEN. Come quella sequenza incantata con Sandra Bullock che s'introduce boccheggiante nella navicella pressurizzata, si sfila con l'ultimo filo di energia il casco ed infine la tuta, rimanendo soltanto avvolta dal suo collant androgino. Fragile, esausta farfalla che con infinita grazia e riconoscenza si libera del proprio bozzolo, prima di adagiarsi e galleggiare nella posizione fetale della memoria amniotica. Non rivedrete quest'anno delle immagini altrettanto spettacolari di quelle di GRAVITY: ma sul grande schermo, non in dvd o alla tv.


   Il film in Internet (Google)

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